Foto ® Ilaria Di Biagio per Oltre Tevere

Superman

Madonna del Piano (PG)
18 Settembre 2020

12ª Tappa Oltre Tevere:
Civitella del Lago – Baschi, 13 km

Non esiste soltanto il paesaggio evidente per gli occhi. Ce n’è uno più sottile, sonoro. E poi c’è un paesaggio umano ancora più difficile da percepire. Da intendere. Di solito siamo io e Ilaria ad attaccare il missile alle persone. Credo si chiami deformazione professionale. A caccia di ritratti buoni. Personaggi “con la faccia”, come si dice. Parliamo con tutti. Questa volta no, è Jean Paul a fermarci, olandese dal nome francofono. Biondo, robusto, con l’espressione da pazzo simpatico. Stiamo fotografando una piscina nel mezzo del nulla. Ma in realtà stiamo valutando l’ipotesi di scavalcare per tuffarci. Lui con la vanga in mano e la maglietta di superman addosso smette di scavare pochi metri più in là e attacca bottone. Non l’avevamo notato. – Siete in cammino? – dice. In tre minuti siamo lì a morire dal ridere, si mette in posa con piacere, sta al gioco. Arrotola la manica della t shirt per farci vedere il tatuaggio a triangolo sulla spalla. È proprio in fissa con superman evidentemente. Fischia a sua moglie, duecento metri più a valle che nella boscaglia ci dà giù duro con il decespugliatore. Con la mano le fa il gesto di berne una con gli ospiti. Lei spegne, il ronzio smette. Si sfila la tracolla. La tenuta è un casaletto di pietra nel bosco. A fianco, magazzini scavati direttamente nella roccia con sopra la terra e le piante. Un altro piccolo edificio che sarà dormitorio. Jean Paul ci mostra il prato dove sistemeranno i quattro prefabbricati per il glamping, proprio sulla via della piscina che a questo punto – incontrovertibile – è sua. Sono qui da poco. Hanno comprato per realizzare il sogno comune di cambiare vita e per crescere i bambini lontani dalla città. Lui già professore a Varese, lei ex modella, giovane mamma. – E per farli mangiare bene – dice lui sfregandosi la panza che esce da sotto la super maglietta Due divanetti danno sul verde scottato della valle. All’ombra delle conifere beviamo una birra chiacchierando di tutto un po’. Alle spalle un drago fatto di copertoni d’auto e legni, ascolta immobile. Ce ne andiamo dopo più di un’ora come vecchi amici passati a citofonare per un saluto e per farsi quattro risate. Passavamo di qui. Inutile dilungarsi sulla magia degli incontri che soltanto l’andare a piedi può offrire. (Mi sa che l’ho già anche fatto varie volte) L’empatia fra esseri umani, creature semplici, con gambe e piedi, appesantiti soltanto di un bagaglio leggero sulle spalle. L’ospitalità come gesto antico. Lo straniero che è sconosciuto solo fin quando non ci si produce nello sforzo di conoscerlo. Retorica naïf. Ok. Ma ogni volta offre quel paesaggio umano come paesaggio positivo. Con poche zone d’ombra. Che rinfranca e rincuora. (E su questo, da ateo, sono con Sua Santità revolution Francesco). Scegliere il bene e non il male. Perchè si può fare e perchè per questo siamo programmati, mi pare evidente. Il resto è sbandamento, malfunzionamento. Perché a questo tendiamo naturalmente come creature. Al bene nelle sue declinazioni di bellezza. Per creare a nostra volta, nei vari ambiti di competenza, avendo una bussola precisa di giustizia e gentilezza d’animo che indica la rotta. Puntando in alto agli esempi giusti. Altrimenti sarebbe come voler mettersi a suonare la chitarra ma aspirare ad essere delle pippe. Ascoltare soltanto dischi brutti. Che senso avrebbe? “Senti come suona male da Dio” (cit.) Voler scrivere un libro ma leggere soltanto roba noiosa. E invece, fanculo. Noi ci ascoltiamo Jimmy Hendrix. Ascoltiamo i Pink Floyd, i Dire Straits. Pat Metheny, Eric Clapton e Robert Fripp. Miriamo in alto, per poi arrivare magari a suonare benino “La canzone del sole” che ci basta e ci avanza, ma sempre guardando in là, al bello e al giusto. Ci confrontiamo con i grandi, mica con gli stronzi, noi altri. Senza ansie da prestazione ci godiamo il nostro giro di Do guadagnato onestamente. Jean Paul superman, Rosalie, il casale, l’ospitalità, le salvifiche birre fresche, mi paiono un ottimo esempio di tutto questo. Dei buoni maestri. Persone gentili che cercano di campare in pace con sé stessi e con il prossimo. E che hanno deciso come stare, e da che parte stare, in questo mondo. Questo penso mentre giriamo la curva e scendiamo gli ultimi chilometri verso Baschi.

 

Estratto dal diario di bordo di Pietro Vertamy © aroundthewalk per Oltre Tevere

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