Foto ® Ilaria Di Biagio per Oltre Tevere

Mr Pomodoro

Madonna del Piano (PG)
16 Settembre 2020

10ª tappa Oltre Tevere:
Marsciano – Todi, 28 km

La coppetta a forma di bacinella il gelato comincia a sciogliersi. Un altro cucchiaino sarebbe infliggersi il diabete. E anche no.
Matteo continua a parlare come un torrente in piena. Antony è invece il fiume placido che gli fa da contraltare. Ascolta, annuisce e soppesa le parole. Quando parla lo sguardo si perde in avanti a disegnare il filo dei propri ragionamenti. Ilaria prende appunti senza staccare gli occhi dal foglio.
Dopo il tabacco e le monoculture arriviamo finalmente al pezzo forte. Il motivo per il quale siamo qui.
Il pomodoro “Cesarino”. Nel senso di Cesare.
Storia pazzesca di intelligenza e sensibilità verso la propria terra. Di passione per il proprio lavoro e di grande competenza tecnico-tecnologica applicata all’agricoltura.
È andata così.
Il giovanissimo Andrea amico di Matteo divorato dalla passione per l’orto gli porta in regalo dei semi di pomodoro. Sono quelli che usava Cesare il nonno, e che a ogni semina riutilizzava dalle stesse piante.
Matteo che ha naso e ne capisce, indaga più a fondo, coinvolge l’agronomo Antony, sentono laboratori e università. Passano dalla genetica per scoprire che il pomodoro di Cesare è unico e immutato da generazioni incalcolabili.
Cioè, un pezzo unico nel suo genere. Ora. Io non me ne intendo, ma arrivo a capire l’eccezionalità della cosa.
L’entusiasmo che può suscitare una scoperta del genere, oggi. Entusiasmo che – a sorpresa – non avvince gli abitanti locali, ci dicono. Alle richieste di partecipazione e di sostegno da parte dei due, rimangono abbastanza freddi e diffidenti.
Ma siamo solo all’inizio. L’idea è consorziarsi, ma poi si vedrà. Partecipare senza spese (i semi sono gratuiti) alla coltivazione del Cesarino per la sua diffusione, prodotto unico e super locale, a patto di rispettare le regole di produzione e di non ibridazione. Proteggerlo dalle multinazionali delle sementi che guardano lontano per il futuro del pianeta e battagliano sui brevetti delle sementi già dagli anni ‘30 (non sul copyright come spesso erroneamente si sente dire) e cioè da ben prima della scoperta del Dna (1953). Ma Matteo e Antony non si fermano. Iniziative, presentazioni alla stampa, contatti con distributori. Interessati molto più al valore simbolico e di immagine che alle ricadute economiche. Anche se onestamente consci dell’indotto che sottende una scoperta del genere, non per loro in quanto privati, ma per la comunità alla quale si sentono di appartenere. E alla fine ce l’avranno vinta. Scherzo con Matteo – Tu sei di quelli che quando gli amministratori ti vedono arrivare, cercano di nascondersi vero? – dico – Oh no, rieccolo! – Lui ride, si schernisce, ma non smentisce. Alla fine, dopo il gelato ci è venuta voglia di pomodoro. – Venite – ci dicono. E ci alziamo da tavola – Andiamo da Andrea per assaggiarlo – E comincia la parte strapazza cuore della storia. Andrea, si muove nel suo orto come un re. Un re di 16 anni. Fiero, orgoglioso competente. Ci mostra e ci spiega ogni singolo aspetto del suo coltivare. Del suo fare la terra. Sua madre trabocca orgoglio mentre chiacchieriamo qualche passo più in là a bordo della loro proprietà. Delle oche starnazzano infastidite. Il Cesarino alla fine è gustosissimo. Tiepido di sole. Ricco di semi e succoso. Antony allora ci spiega due miracoli soppesandone uno in mano. La scorza più spessa che lo difende naturalmente dai parassiti. E la capacità pressoché unica per un pomodoro di non richiedere acqua – È da non credere – dice – lo bagni all’inizio e poi te lo dimentichi. Anzi più lo bagni peggio è – Dobbiamo rimetterci in marcia. È tardi. Antony ci saluta, Matteo ci spiega nel dettaglio la via per Todi. Ilaria vuole ancora scattare qualche foto ad Andrea fuori dall’orto, non è ancora soddisfatta. – I fotografi sono così – dice lui con naturalezza – Si sa – Scoppiamo tutti a ridere. Un grande. Salutiamo e andiamo. Mi prendo in tasca qualche Cesarino per il viaggio.

 

Estratto dal diario di bordo di Pietro Vertamy © aroundthewalk per Oltre Tevere

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